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Floriterapia secondo Bach

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La Floriterapia è stata ufficialmente introdotta attorno agli anni ’30 da Edward Bach ed è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1983.

La sua prerogativa è quella di mettere al centro della terapia l’uomo e le sue emozioni.

 

L’approccio con i Fiori di Bach risponde alla necessità di personalizzare e umanizzare la terapia tenendo conto della impossibilità di dare a tutti un supporto psicologico approfondito con lo scopo di riportare il paziente al proprio sé, al proprio centro e alla comprensione di se stesso.

I Fiori di Bach sono la classica via di mezzo fra il farmaco vero e proprio e il supporto psicologico laddove il paziente dà la propria disponibilità ad un cambiamento “interno”.

 

I Rimedi aggiungono qualcosa di importante e di nuovo al mondo della medicina ma tendono a stimolare nel paziente, se ne è consapevole e se lo permette, il processo di autoguarigione (ancora una volta parlo del processo di autoguarigione: vedere l’altro mio articolo sulla Neuralterapia).

E non sono solo un ottimo strumento terapeutico ma anche uno stimolo per vedere il paziente, con le sue problematiche, in un’ottica molto diversa da quella abituale. Quella di cercare un nuovo livello di comunicazione e collaborazione medico-paziente che si interrogano insieme sul significato della malattia in un’ottica di consapevolezza e cambiamento e non di un adeguamento passivo alla realtà.

 

Quando lo stato d’animo, l’umore e tutto lo stato della salute dell’individuo (inteso come persona unica al mondo) non è in equilibrio tutta la quotidianità ne risente negativamente.

I Fiori di Bach, agendo con delicatezza, apportano il tocco necessario per correggere lo squilibrio ed ottenere l’armonia corporea (cioè lo stato di benessere e di salute).

Con la prescrizione dei Rimedi di Bach si veicola un messaggio psicologico ben preciso per il paziente che difficilmente può essere trasmissibile da un farmaco di medicina tradizionale non personalizzabile.

 

La disponibilità al cambiamento è l’altro fondamentale parametro da considerare e senza il quale non ha senso iniziare il programma terapeutico. Tutti si dicono disponibili a cambiare qualcosa nel quotidiano per stare meglio ma, in realtà, a volte le resistenze al cambiamento sono troppo forti. Quindi, se non c’è un vero desiderio di modificare qualcosa nella propria vita ogni tentativo sarà vano. 

 

Questa terapia si basa su 38 essenze floreali (utilizzate in gocce orali) capaci di facilitare il passaggio da uno stato d’animo emozionale negativo ad una posizione positiva di nuovo equilibrio intesa come ripristino della condizione di salute e di benessere fisico, sociale, spirituale e psichico.

 

Sono proprio le semplici erbe dei campi (provenienti dalla natura) dove tutto è armonia, che entrando in risonanza con noi e ci riportano in contatto con il nostro vero essere.

 

La bellezza della Floriterapia di Bach non è solo terapeutica ma anche della sua nuova filosofia medica dove la malattia è il risultato di una instabilità emozionale che si ripercuote su uno squilibrio energetico osservato come uno stato mentale negativo con il risultato finale di un conflitto, cioè la malattia.

Il punto fondamentale è utilizzare una terapia che vada sulle cause e non sui sintomi come invece capita nella medicina tradizionale.  

 

I Fiori di Bach non interferiscono con altre terapie mediche poiché la loro azione è a livello mentale e quindi non sostituiscono le altre terapie ma addirittura le rinforzano come attività terapeutica.

In alcuni casi si può avere anche una riduzione del dosaggio di altri farmaci tradizionali che presentano effetti collaterali spiacevoli.

 

Non vi sono effetti collaterali o tossici e i rari effetti paradossali sono completamente annullati riducendo il dosaggio o cambiando il rimedio.

 

La comparsa di eventuali cambiamenti dello stato d’animo o di uno stato emotivo esprimono l’affiorare di situazioni precedenti nascoste che tendono ad emergere e se ciò capitasse basta modificare ed adattare il trattamento.

 

Personalmente, mi ritengo soddisfatto non solo quando il paziente va via contento perché non ha più la malattia ma, paradossalmente, anche quando mi dice che è contento di essere stato ammalato perché ha capito, attraverso la malattia, di aver liberato alcune parti di sé a lui sconosciute.

 

Termino questa mia pubblicazione con una frase di Edward Bach che mi è molto cara e che cerco di mettere in pratica quotidianamente: “Non si deve curare il malato, ma prendersi cura del malato”.


Dott. Franco Donati

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